In una conferenza stampa vibrante, che si è tenuta a Roma il 25 ottobre nella sede del CNOG, Alessandra Costante, segretaria generale della Federazione Nazionale della Stampa Italiana (Fnsi), insieme al Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti (Cnog), ha lanciato un grido d’allarme sulla proposta di legge Balboni in materia di diffamazione. “Il sole non sorge mai sulla professione giornalistica. Sull’informazione, anzi, sta calando il buio totale”, ha dichiarato Costante.
Con il termine dell’8 novembre per la presentazione di emendamenti che si avvicina, Fnsi e Cnog sono pronti a scendere in piazza se non verranno accolte delle modifiche sostanziali. Sebbene il disegno di legge abbia abolito la pena detentiva per i giornalisti, come richiesto dalla Corte costituzionale e dagli organismi internazionali, le nuove sanzioni pecuniarie previste fino a 50mila euro sono state ritenute “sproporzionate” e potenzialmente devastanti per lavoratori autonomi e collaboratori.
Tra i punti critici del testo figurano anche la rettifica automatica senza commento da parte del giornalista o del direttore di testata e l’obbligo per i giornalisti di difendersi nel foro del querelante, creando un fenomeno di “turismo giudiziario” oneroso. Inoltre, la mancanza di interventi sulle querele temerarie è stata fortemente criticata.
Carlo Bartoli, presidente del Cnog, ha espresso preoccupazione sulle conseguenze di tali norme sulla libertà di informazione. “Prevedere queste sanzioni, oltre al risarcimento del danno, significa consigliare a chi fa questa professione di cambiare mestiere”, ha evidenziato Bartoli.
Costante ha ulteriormente accentuato la gravità della situazione: “Ridateci il carcere, perché penso che tanti colleghi preferirebbero andare in galera piuttosto che pagare cifre spropositate”.
Gianluca Amadori, del Comitato esecutivo del Cnog, ha riconosciuto un aspetto positivo nella tutela estesa del segreto professionale anche ai pubblicisti, pur rimanendo una tutela parziale.
Infine, Vittorio di Trapani, presidente della Fnsi, ha sottolineato che la questione non riguarda solo la categoria giornalistica, ma tutti i cittadini. Ha criticato l’accento posto sulla diffamazione a scapito della tutela delle fonti e delle querele temerarie, avvertendo che l’articolo 21 della Costituzione è a rischio.
L’approvazione del testo attuale non solo reprimerebbe la libertà di informazione in Italia, ma divergerebbe anche dagli standard europei, affermando un futuro incerto per il giornalismo italiano.