L’era digitale ha trasformato il panorama mediale, ridimensionando il ruolo della stampa e trasformando le audience, che si rivolgono sempre più verso il web 2.0 e le piattaforme personalizzabili.
Le banche dati dell’Istituto nazionale di Statistica ci raccontano infatti una storia di percentuali che parla chiaramente: non è difficile tracciare due trend che si accompagnano e si influenzano vicendevolmente.
Il primo, quello delle persone con più di sei anni che leggono quotidiani almeno una volta a settimana, registra un calo decennale di ventisette punti percentuali a livello nazionale (dal 55% del campione nel 2010 al 27.4% nel 2022) e di quasi ventuno punti percentuali per la sola regione Sardegna (dal 67.7% del campione nel 2010 al 47% nel 2022).
Il secondo, invece, quello delle persone con più di sei anni che utilizzano internet per leggere o scaricare giornali, informazioni e riviste online registra una tendenza positiva in continua crescita: su scala nazionale, infatti, dalla rilevazione del 2010 con il 44% del campione che rispondeva positivamente all’indagine si passa al 57.9% del 2022 (fonte dati: Istat).
Ma in che modo il Covid-19 e le annesse conseguenze hanno influito su queste variabili?
Se pur infatti durante il lockdown si sia continuato a stampare e distribuire giornali non è difficile intuire che parte dei consumatori, anche in forza delle indicazioni del Comitato Scientifico, abbiano preferito spostarsi sul più “sicuro” online.
Se analizziamo i dati del campione per la Regione Sardegna sul consumo di quotidiani e riviste online per gli anni 2013, 2019, 2020 e 2022 possiamo costruire una curva interessante: se dal 2013 al 2019 il consumo di quotidiani e riviste online è interessato da una flessione (dal 62.2% al 58%) lo stesso dato conosce un rialzo a ridosso della pandemia (62.4%) per attestarsi poi su un trend positivo in continua crescita (il 63.1% nel 2022).
I dati invece sulla stampa delineano una situazione particolare: la tendenza negativa registrata tra il 2010 e il 2019 (dal 67.7% al 43.1%) subisce un ulteriore tracollo nell’anno della pandemia (39.3%) per poi però tornare nel post Covid-19 ad un livello più alto rispetto all’anno pre-pandemia (47% nel 2022).
(Fonte dati: Istat – Indagine multiscopo sulle famiglie: aspetti della vita quotidiana 2022)
I dati, quindi, ci forniscono un quadro di difficile interpretazione: infatti non si può parlare di una semplicistica migrazione globale di audience, soprattutto a fronte del rialzo della percentuale di lettori del cartaceo nel post covid.
Le spiegazioni potrebbero ricercarsi sia nel fenomeno del digital divide italiano, che riguarda prevalentemente la variabile generazionale, in un paese in cui l’età media cresce annualmente, sia nella prediletta qualità del mezzo cartaceo: molto spesso, infatti, le testate online pongono un veto d’accesso al lettore, creando una duplice platea fra abbonati e no.
Il costo invece una tantum del classico “giornale” potrebbe continuare ad essere preferito al pensiero invece di sfruttare pienamente un abbonamento, soprattutto da parte di quei lettori meno assidui.
Inoltre, secondo un’indagine di ADS (Accertamenti Diffusione Stampa), il consumo del cartaceo post-Covid non è lineare per tutte le testate: inevitabilmente la linea politica dei quotidiani sull’operato del Governo durante la pandemia ha indirizzato i lettori a prediligere questa o l’altra testata in un clima segnato da una profonda divisione dell’opinione pubblica.
Ad ogni modo una verità rimane inconfutabile: la crisi dei quotidiani in corso da diversi anni continua a galoppare sia pur fra inciampi e rialzi.
A questo punto rimane da chiedersi se la tendenza di una società che predilige sempre più l’intrattenimento all’informazione sia inarrestabile o se il mondo del giornalismo -on e offline- riuscirà nuovamente ad intercettare l’interesse delle audience, soprattutto di quelle più giovani.
Articolo di Mattia Pusceddu, laureando in Scienze Politiche all’Università di Cagliari